"I dodici mesi", filastrocca di Gianni Rodari - Analisi ed interpretazione del testo

I dodici mesi Gennaio, gennaio, il primo giorno è il più gaio, è fatto solo di speranza: chi ne ha tanta, vive abbastanza. Febbraio viene a potare la vite con le dita intirizzite: è senza guanti ed ha i geloni e un buco negli zoccoloni. Marzo pazzo e cuorcontento si sveglia un mattino pieno di vento: la prima rondine arriva stasera con l'espresso della primavera. Aprile tosatore porta la lana al vecchio pastore spoglia la pecora e l'agnello per farti un berretto ed un mantello. Maggio viene ardito e bello con un garofano all'occhiello, con tante bandiere nel cielo d'oro per la festa del lavoro. Giugno, invece, è falciatore; il fieno manda un dolce odore, in alto in alto l'allodola vola, il bidello chiude la scuola. Luglio miete il grano biondo, la mano è stanca, il cuore è giocondo. Canta il cuculo tra le foglie: c'è chi lavora e mai non raccoglie. Agosto batte il grano nell'a