Il Natale a scuola: racconti, poesie, filastrocche, temi, leggende, percorsi educativo didattici di apprendimento per l'analisi, la comprensione, l'interpretazione del testo

  Il Natale a scuola Le festività del Natale offrono molti spunti sia dal punto di vista didattico, sia educativo. Molto spesso si dice che la scuola italiana non sia al passo coi tempi. Bene, ritengo invece che in alcuni casi sia meglio che la scuola  non si uniformi , non diventi lo specchio deformato di una realtà  volta all'immagine  più che  alla   sostanza ,  alla forma  più che  al contenuto . In particolare le festività natalizie sono diventate principalmente un affare commerciale e diventano l'esatto contrario dell'autentico messaggio di pace e d'amore. E' il momento quindi di andare  contro corrente  e ritornare al significato etimologico della parola Natale che significa  nascita , nascita di Gesù, ed esprime valori universali condivisibili dai credenti e dai non credenti: la pace, l'uguaglianza nella diversità, l'amore per se stessi e per gli altri, la solidarietà, sono valori dell'uomo in quanto tale.  I bambini risponderanno in modo positiv

Il testo narrativo: tema "In una torrida mattina d'agosto"



Tema
In una torrida mattina d'agosto




In una torrida mattina d'agosto, io e la mia amica Lorenza, mentre giocavamo nel giardino con la palla, fummo attratte da un miagolio.
Era molto fastidioso, quasi implorante, come se si fosse trattato del pianto di un neonato abbandonato in un cassonetto della spazzatura.
Si sa che la curiosità supera ogni limite ed allora, noi, spinte da una sconosciuta forza, raggiungemmo la fonte di tali sospiri o lamenti che fossero.
Con grande meraviglia ci accorgemmo che si trattava di un gatto, o meglio: di una gatta. E che gatta!
Aveva un pancione enorme. Forse aveva mangiato troppo o forse - ne eravamo convinte - la gatta aveva divorato un topone enorme e non riusciva a digerirlo.
"Bisogna chiamare un veterinario" mi sussurrò Lorenza, facendo ben caso a non disturbare la gatta che, dopo averci visto, si era ccucciata sotto un muretto di pietre cercando di nascondersi il più possibile.
"No - dissi io - è una gatta incinta! La mia mamma mi ha insegnato cosa vuol dire essere incinte. Vuol dire che si aspettano i bambini".
"Ma quale bambini! - esclamò Lorenza sempre moderando il tono della voce - i bambini li fanno le mamme non i gatti!".
"Ma non capisci niente! Le gatte fanno i gattini e le mamme fanno i bambini".
Lorenza rimase sconvolta da questa mia precisazione e si accinse ad accarezzare la gattina che ora, dopo aver preso confidenza con noi proprio perché non avevamo fatto intenzione di di farle del male, si era predisposta ad accettare il nostro aiuto.
"La chiameremo Maggy - dissi con uno slancio di affetto e di amore verso quella bestiolina abbandonata - e i gattini che partorirà ce li divideremo io e te. Va bene?".
Lorenza non era molto d'accordo. Secondo lei la gatta stava per morire e insisteva per chiamare un veterinario.
Decidemmo così di correre dalla mia mamma e di raccontare ciò che era accaduto.
La mia mamma, come al solito molto presa dal suo lavoro e dai suoi impegni - accolse la mia richiesta di vedere la gatta con molto fastidio ma, viste le mie insistenze si recò dalla gattina.
"Ma è incinta - urlò la mamma con un timbro di voce talmente alto che la gatta fece un balzo e scomparve dalla nostra vista - è incinta e bisogna far qualcosa per farla partorire!".
Io e Lorenza fummo felici per l'intervento della mamma. Finalmente avevamo fatto qualcosa di serio al di fuori dei giochi e delle altre sciocchezze che si fanno da piccoli.
Purtroppo l'intervento urlante della mamma aveva terrorizzato la gatta. Pensavamo di non vederla più. Io e Lorenza eravamo disperate: Abbiamo perso un'amica" ci dicevamo sempre fra noi.
Invece un giorno la gatta si fece di nuovo vedere. Miagolava in modo diverso, più affettuoso, più umano, direi: infatti aveva dietro di sé sei piccoli gattini che miagolavano e cercavano affetto.
Prima di chiamare la mamma ci guardammo in faccia: "Chi glielo dice alla mamma?". Io ebbi un'idea: "Facciamoglielo dire ad un gattino; senza parlare.
E così fu. Portammo piano, piano un gattino neonato alla mamma e io dissi: "Ce ne sono altri cinque! Cosa dobbiamo fare?".
La mamma sorrise e Giusy, Nasty, Cocca, Larry, Ponni, Windy e la mamma gatta sono ancora con noi.
Le mamme ... sono sempre le mamme!

(Alice, 2003)

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