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La festa della mamma: racconti, descrizioni, poesie e filastrocche, leggende.

E' sicuramente una delle feste più amate dai bambini e dai loro genitori: un'occasione per comunicare alla mamma tutto il bene che le vogliamo. Nel sito sono numerosi i post che potrebbero essere di spunto per le attività educativo didattiche. Ve li propongo, buona lettura! Eccovi i link relativi:  "La mia mamma": tema con schema di lavoro. Tema: La mia mamma (con relativo schema) "Mi ha fatto mia mamma" poesia di Gianni Rodari "La mamma", poesia di Ada Negri "Nostalgia", poesia da dedicare alla mamma di Antonio Giarola "Bambino", poesia di Alda Merini  Filastrocca a rima baciata: "Cara mamma," di Ercole Bonjean Racconto per la Festa della Mamma: unità didattica per la comprensione e l'interpretazione del testo. Accanto alla mamma racconto di Giovanni Papini - Lettura e comprensione del testo Mamma (la mia mamma) poesia di Francesca Jupe Poesia della mamma Festa della mamma Lettera

"Pinocchio" di Carlo Collodi, capitolo XIII: "L'osteria del Gambero Rosso".

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XIII L’osteria del Gambero Rosso. Cammina, cammina, cammina, alla fine sul far della sera arrivarono stanchi morti all’osteria del Gambero Rosso. – Fermiamoci un po’ qui, – disse la Volpe, – tanto per mangiare un boccone e per riposarci qualche ora. A mezzanotte  poi ripartiremo per essere domani, all’alba, nel  Campo dei miracoli. Entrati nell’osteria, si posero tutti e tre a tavola: ma nessuno di loro aveva appetito. Il povero Gatto, sentendosi gravemente indisposto di stomaco, non poté mangiare altro che trentacinque triglie  con salsa di pomodoro e quattro porzioni di trippa alla  parmigiana: e perché la trippa non gli pareva condita abbastanza,  si rifece tre volte a chiedere il burro e il formaggio  grattato! La Volpe avrebbe spelluzzicato volentieri qualche cosa anche lei: ma siccome il medico le aveva ordinato una grandissima dieta, così dové contentarsi di una semplice  lepre dolce e forte con un leggerissimo contorno di pollastre  ingrassate e di galletti

"Pinocchio" di Carlo Collodi, capitolo XIV: "Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consigli del Grillo-Parlante, s'imbatte negli assassini".

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XIV Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consigli del Grillo-Parlante, s'imbatte negli assassini. – Davvero, – disse fra sé il burattino rimettendosi in viaggio, – come siamo disgraziati noialtri poveri ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci danno consigli. A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri; tutti: anche i Grilli-parlanti. Ecco qui: perché io non ho voluto dar retta a quell’uggioso  di Grillo, chi lo sa quante disgrazie, secondo lui, mi  dovrebbero accadere! Dovrei incontrare anche gli assassini! Meno male che agli assassini io non ci credo, né ci ho creduto mai. Per me gli assassini sono stati inventati apposta  dai babbi, per far paura ai ragazzi che vogliono andare  fuori la notte. E poi se anche li trovassi qui sulla strada, mi  darebbero forse soggezione? Neanche per sogno. Anderei  loro sul viso, gridando: «Signori assassini, che cosa vogliono da me? Si rammentino che con me

"Pinocchio" di Carlo Collodi, capitolo XV: "Gli assassini inseguono Pinocchio; e, dopo averlo raggiunto, lo impiccano a un ramo della quercia grande".

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XV Gli assassini inseguono Pinocchio; e, dopo averlo raggiunto, lo impiccano a un ramo della quercia grande. Allora il burattino, perdutosi d’animo, fu proprio sul punto di gettarsi in terra e di darsi per vinto, quando nel  girare gli occhi all’intorno vide fra mezzo al verde cupo  degli alberi biancheggiare in lontananza una casina candida  come la neve. – Se io avessi tanto fiato da arrivare fino a quella casa,  forse sarei salvo, – disse dentro di sé. E senza indugiare un minuto riprese a correre per il bosco a carriera distesa. E gli assassini sempre dietro. E dopo una corsa disperata di quasi due ore, finalmente  tutto trafelato arrivò alla porta di quella casina e bussò. Nessuno rispose. Tornò a bussare con maggior violenza, perché sentiva avvicinarsi il rumore dei passi e il respiro grosso e affannoso  de’ suoi persecutori. Lo stesso silenzio. Avvedutosi che il bussare non giovava a nulla, cominciò  per disperazione a dare calci e zuccate nella porta. Allora 

"Pinocchio" di Carlo Collodi, capitolo XVI: "La bella bambina dai capelli turchini fa raccogliere il burattino: lo mette a letto, e chiama tre medici per sapere se sia vivo o morto".

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XVI La bella bambina dai capelli turchini fa raccogliere il burattino: lo mette a letto, e chiama tre medici per sapere se sia vivo o morto.  In quel mentre che il povero Pinocchio impiccato dagli assassini a un ramo della Quercia grande, pareva oramai  più morto che vivo, la bella Bambina dai capelli turchini si  affacciò daccapo alla finestra, e impietositasi alla vista di  quell’infelice che, sospeso per il collo, ballava il trescone  alle ventate di tramontana, batté per tre volte le mani insieme, e fece tre piccoli colpi. A questo segnale si sentì un gran rumore di ali che volavano  con foga precipitosa, e un grosso falco venne a posarsi  sul davanzale della finestra. – Che cosa comandate, mia graziosa Fata? – disse il Falco abbassando il becco in atto di reverenza (perché bisogna  sapere che la Bambina dai capelli turchini non era  altro, in fin dei conti, che una buonissima Fata, che da più  di mill’anni abitava nelle vicinanze di quel bosco): – Vedi tu quel burat

"Pinocchio" di Carlo Collodi, capitolo XVII: "Pinocchio mangia lo zucchero, ma non vuol purgarsi: però quando vede i becchini che vengono a portarlo via, allora si purga. Poi dice una bugia e per gastigo gli cresce il naso".

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XVII Pinocchio mangia lo zucchero, ma non vuol purgarsi: però quando vede i becchini che vengono a portarlo via, allora si purga. Poi dice una bugia e per gastigo gli cresce il naso. Appena i tre medici furono usciti di camera, la Fata si accostò a Pinocchio e, dopo averlo toccato sulla fronte, si  accòrse che era travagliato da un febbrone da non si dire. Allora sciolse una certa polverina bianca in un mezzo bicchier d’acqua, e porgendolo al burattino, gli disse amorosamente: – Bevila, e in pochi giorni sarai guarito. Pinocchio guardò il bicchiere, storse un po’ la bocca, e poi dimanda con voce di piagnisteo: – È dolce o amara? – È amara, ma ti farà bene. – Se è amara, non la voglio. – Da’ retta a me: bevila. – A me l’amaro non mi piace. – Bevila: e quando l’avrai bevuta, ti darò una pallina di zucchero, per rifarti la bocca. – Dov’è la pallina di zucchero? – Eccola qui, – disse la Fata, tirandola fuori da una zuccheriera d’oro. – Prima voglio la pallina di z

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