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I compiti per le vacanze estive non
sono certo amati da tutti gli alunni, tuttavia ritengo possano risultare utili
qualora soddisfino determinati requisiti:
- E' bene siano eseguiti almeno
dopo un mese dal termine delle lezioni per dare il tempo alle bambine ed
ai bambini di riposarsi adeguatamente.
- Vanno svolti con gradualità:
non tutti all'inizio non tutti alla fine dell'estate.
- E' necessario non studiare
nelle ore più calde, ma nelle ore più fresche del mattino e della sera.
- Le attività non devono essere
noiose: a tal scopo consiglio la lettura di racconti o romanzi che
appassionino, con le relative schede operative.
A partire dalla seconda classe, come esercizio per le vacanze estive,
assegno un romanzo da leggere; al termine di ogni capitolo gli alunni si
esercitano utilizzando un questionario che ripercorre il testo letto sia a
livello referenziale, sia a livello interpretativo. E' un lavoro collaudato
negli anni che consiglio.
Suggerisco quale esercizio per le
vacanze estive la lettura del libro “Le avventure di Pinocchio”, la storia del
più famoso burattino di tutti i tempi, presente nel sito di didattica in tutti
e 36 i capitoli che compongono la celebre favola di Carlo Collodi. Al termine
di ogni capitolo troverete due questionari, uno per la lettura ed uno per la
comprensione del testo (tutti in versione stampabile) e in audiolibri (per i
primi 10 capitoli, da completare). Potrebbe risultare utile, alle bambine e ai
bambini, quale divertente allenamento per il prossimo anno scolastico. Mi
limiterei ad assegnare come compito la lettura di tutto il libro e l'esercizio
di analisi del testo per i primi 10 capitoli.
Eccovi, come esempio, il lavoro del
primo capitolo:
Capitolo primo
Come andò che maestro Ciliegia,
falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino.
C’era una volta...
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C’era
una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un
semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe
e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.
Non so come andasse, ma il fatto
gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un
vecchio falegname, il quale aveva nome mastr’Antonio, se non che
tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso,
che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura.
Appena maestro Ciliegia ebbe visto
quel pezzo di legno, si rallegrò tutto e dandosi una fregatina di mani per
la contentezza, borbottò a mezza voce:
– Questo legno è capitato a tempo: voglio servirmene
per fare una gamba di tavolino.
Detto fatto, prese subito l’ascia
arrotata per cominciare a levargli la scorza e a digrossarlo, ma quando fu
lì per lasciare andare la prima asciata, rimase col braccio
sospeso in aria, perché sentì una vocina sottile, che disse
raccomandandosi:
– Non mi picchiar tanto forte!
Figuratevi come rimase quel buon
vecchio di maestro
Ciliegia! Girò gli occhi
smarriti intorno alla stanza per vedere di dove mai poteva essere uscita
quella vocina, e non vide nessuno! Guardò sotto il banco, e nessuno;
guardò dentro un armadio che stava sempre chiuso, e nessuno; guardò nel
corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; apri l’uscio di bottega
per dare un’occhiata anche sulla strada, e nessuno! O dunque?...
– Ho capito; – disse allora ridendo e grattandosi la parrucca, – si vede
che quella vocina me la sono figurata io.
Rimettiamoci a lavorare.
E ripresa l’ascia in mano, tirò giù
un solennissimo colpo sul pezzo di legno.
– Ohi! tu m’hai fatto male! – gridò rammaricandosi la
solita vocina.
Questa volta maestro Ciliegia restò
di stucco, cogli occhi fuori del capo per la paura, colla bocca spalancata
e colla lingua giù ciondoloni fino al mento, come un mascherone da
fontana. Appena riebbe l’uso della parola, cominciò a dire tremando e
balbettando dallo spavento:
– Ma di dove sarà uscita questa vocina che ha detto
ohi?... Eppure qui non c’è anima
viva. Che sia per caso questo pezzo di legno che abbia imparato a piangere
e a lamentarsi come un bambino? Io non lo posso credere.
Questo legno eccolo qui; è un pezzo
di legno da caminetto, come tutti gli altri, e a buttarlo sul fuoco, c’è
da far bollire una pentola di fagioli... O dunque? Che ci sia
nascosto dentro qualcuno? Se c’è nascosto qualcuno, tanto peggio per
lui. Ora l’accomodo io!
E così dicendo, agguantò con tutt’e
due le mani quel
povero pezzo di legno e si pose a
sbatacchiarlo senza carità contro le pareti della stanza.
Poi si messe in ascolto, per
sentire se c’era qualche vocina che si lamentasse. Aspettò due minuti, e
nulla; cinque minuti, e nulla; dieci minuti, e nulla!
– Ho capito, – disse allora sforzandosi di ridere e arruffandosi la
parrucca, – si vede che quella vocina che ha detto ohi, me la sono
figurata io! Rimettiamoci a lavorare.
E perché gli era entrata addosso
una gran paura, si provò a canterellare per farsi un po’ di coraggio.
Intanto, posata da una parte
l’ascia, prese in mano la
pialla, per piallare e tirare a
pulimento il pezzo di legno; ma nel mentre che lo piallava in su e in giù,
senti la solita vocina che gli disse ridendo:
– Smetti! tu mi fai il pizzicorino sul corpo!
Questa volta il povero maestro
Ciliegia cadde giù come fulminato. Quando riaprì gli occhi, si trovò
seduto per terra.
Il suo viso pareva trasfigurato, e
perfino la punta del
naso, di paonazza come era quasi
sempre, gli era diventata turchina dalla gran paura.
Carlo Collodi
Comprensione del testo
1.
Come veniva chiamato mastr'Antonio?
Perché?
2.
Cosa vuole fare maestro Ciliegia
del pezzo di legno?
3.
Cosa accadde mentre stava per dare
il primo colpo d'ascia?
4.
Come rimase maestro Ciliegia quando
sentì una vocina che non si sapeva da dove provenisse?
5.
Cosa pensa maestro Ciliegia?
Interpretazione del testo
1.
Cosa prova maestro Ciliegia quando
sente parlare il pezzo di legno?
2.
Cosa pensa che sia successo?
(e.b.)
Piace molto ai bambini "Il
Gigante Egoista" di Oscar Wilde, ve lo ripropongo nella sua interezza:
Il Gigante Egoista: lettura e
comprensione del testo (prima parte)
Ogni pomeriggio, terminata la
scuola, i bambini andavano a giocare nel giardino del Gigante.
Era un grande, bellissimo giardino
ricoperto di tenera erbetta verde. Qua e là sull'erbetta, spiccavano fiori
simile a stelle; in primavera i dodici peschi si ricoprivano di fiori rosa e di
perla, e in autunno, davano i frutti. Gli uccellini si posavano sugli alberi e
cantavano così dolcemente che i bambini fermavano i loro giochi per ascoltarli.
- Come siamo felici qui!- si
dicevano l'un l'altro.
Un giorno il Gigante ritornò. Era
stato a far visita al suo amico, l'Orco della Cornovaglia, e vi era rimasto per
sette anni.
Trascorso questo periodo, egli
aveva detto tutto quel che aveva dire perché la sua conversazione era limitata,
e quindi decise di ritornare al castello. Al suo arrivo vide i bambini che
giocavano nel giardino.
- Che cosa state facendo voi qui?-
esclamò con voce burbera, e i bambini scapparono.
- Il mio giardino è il mio
giardino! - disse il Gigante - lo sappiano tutti: nessuno, all'infuori di me,
può giocare qui dentro. Così costruì un alto muro tutto intorno e vi affisse un
cartello:
CHIUNQUE OLTREPASSERA' QUESTO MURO
SARA' PUNITO
Era una Gigante molto egoista.
Ora i poveri bambini non
sapevano più dove giocare. Cercarono di giocare sulla strada, ma la strada era
polverosa e piena di sassi aguzzi, e non piaceva a nessuno. Finita la scuola
giravano attorno all'alto muro e parlavano del bel giardino.
- Com'eravamo felici! - dicevano
tra di loro.
Poi venne la primavera, e dovunque,
nella campagna, v'erano fiori e uccellini.
Solamente nel giardino del Gigante
regnava ancora l'inverno.
Là gli uccellini non avevano il
desiderio di cantare perché non c'erano bambini e gli alberi si dimenticarono
di fiorire.
Soltanto un fiore bellissimo
mise la testina fuori dall'erba, ma alla vista del cartello provò tanta pietà
per i bambini che si ritrasse e si riaddormentò. Solo la Neve e il Gelo erano
contenti.
- La Primavera si è dimenticata di
questo giardino – esclamarono - perciò potremo restare qui tutto l'anno.
La Neve ricoprì l'erba con il suo
grande mantello bianco e il Gelo dipinse d'argento tutti gli alberi.
Poi invitarono il vento del nord a
starsene con loro, e quello arrivò. Era ravvolto in pellicce e tutto il giorno
ululava per il giardino rovesciando i comignoli con i suoi potenti soffi.
- E' un angolo delizioso - disse -
dobbiamo invitare anche la Grandine a raggiungerci qui.
Così la Grandine venne. Tre
ore al giorno picchiò sul tetto del castello finché spezzò le tegole, poi si
mise a correre veloce per il giardino.
Era vestita di grigio, e il suo
fiato era freddo come il ghiaccio.
- Non riesco a capire perché la
Primavera tardi tanto a venire - disse il Gigante Egoista mentre, seduto presso
la finestra, guardava il suo giardino gelato e bianco:
- Speriamo che il tempo cambi.
Ma la Primavera non venne mai e
nemmeno l'Estate. L'Autunno diede frutti d'oro a tutti i giardini, ma nemmeno
uno a quello del gigante.
Lì era sempre inverno e il vento
del Nord, la Grandine, il Gelo e la Neve danzavano tra gli alberi.
Oscar Wilde (prima parte)
Analisi del testo
1.
Cosa facevano i bambini terminata
la scuola?
2.
Com'era il giardino del Gigante?
3.
Perché i bambini erano felici?
4.
Cosa accadde quando tornò il
Gigante?
5.
Cosa scrisse il Gigante sul
cartello?
6.
Perché nel giardino del Gigante non
arrivava la primavera?
7.
Chi arrivò al posto della
primavera?
8.
Cosa fecero la neve e il
gelo?
9.
Chi invitarono la neve e il gelo
nel giardino del Gigante?
10.Quale stagione rimase nel giardino del Gigante?
Approfondimenti grammaticali
- Sottolinea, con colori
diversi, i nomi e gli aggettivi presenti nel testo.
- Illustra la storia con
alcuni disegni in ordine di tempo.
- Ricerca sul
vocabolario le parole che non conosci.
Il Gigante Egoista: lettura e comprensione del testo (seconda parte)
Una mattina il Gigante se ne stava
a letto quando udì una dolce musica. Era una musica che risuonava tanto dolce
alle sue orecchie che pensò fossero di musicanti del re che passavano nelle
vicinanze. In realtà era solo un piccolo fanello che cantava fuori dalla sua
finestra, ma da tanto tempo non udiva un uccellino cantare nel suo giardino,
che gli sembrò la più meravigliosa melodia del mondo.
La Grandine cessò di danzare sulla
sua testa, il Vento del Nord smise di fischiare e un profumo delizioso giunse
attraverso la finestra aperta.
- Credo che finalmente la primavera
sia venuta - disse il gigante; balzò dal letto e guardò fuori.
E cosa vide? Una visione
meravigliosa. I bambini erano entrati attraverso un'apertura del muro e
sedevano sui rami degli alberi.
Su ogni albero che il gigante
poteva vedere c'era un bambino. Gli alberi, felici di riavere i bambini,
s'erano ricoperti di fiori e dolcemente poggiavano i rami sulle loro testoline.
Gli uccellini svolazzavano qua e
là cinguettando felici e i fiori sbucavano ridenti dall'erba. Era una
scena incantevole. Solo in un angolo del giardino regnava ancora l'inverno.
Era l'angolo più remoto del
giardino, e là il gigante vide un bambino. Era tanto piccolo che non riusciva a
raggiungere i rami di un albero e vi girava intorno piangendo amaramente.
Il povero albero era ancora coperto
di ghiaccio e di neve e sopra di esso il Vento del Nord ululava sopra di lui.
- Arrampicati, piccino! - disse
l'albero e piegò i suoi rami quanto più poté: ma il bambino era troppo piccolo.
A quella vista il cuore del Gigante
si intenerì.
- Come sono stato egoista! - si
disse. - Ora so perché la primavera non voleva venire qui.
Farò salire quel bambino in cima
all'albero poi abbatterò il muro di cinta e il mio giardino sarà, per sempre,
il parco dei giochi dei bambini.
Era profondamente pentito per
quanto aveva fatto.
Scese furtivamente le scale, aprì
piano piano la porta e uscì nel giardino. Ma quando i bambini lo videro, si
spaventarono tanto e fuggirono via, e nel giardino tornò di nuovo l'inverno.
Solo il piccolo bimbo non scappò; i suoi occhi erano così colmi di lacrime che
nemmeno vide venire il gigante. E il Gigante giunse di soppiatto dietro a lui,
lo prese con delicatezza nella sua mano e lo mise sull'albero. E immediatamente
l'albero fiorì, gli uccellini cominciarono a cantare tra i rami, e il bambino
gettò le braccia al collo del gigante e lo baciò.
E gli altri bambini vedendo
che il gigante non era più cattivo, ritornarono correndo e con loro tornò la
Primavera.
- Ora questo giardino è vostro,
bambini - disse il Gigante e, presa una grossa scure, abbatté il muro.
E a mezzogiorno la gente che
andava al mercato vide il gigante giocare con i bambini nel giardino più bello
del mondo. Tutto il giorno giocarono e la sera i bambini salutarono il Gigante.
- Dov'è il vostro piccolo amico? -
chiese: - il bambino che ho fatto salire sull'albero?-
Il Gigante l'amava più di tutti,
perché il piccino l'aveva baciato.
- Non lo sappiamo - risposero i
bambini - se n'è andato.
- Dovete dirgli che domani deve
assolutamente venire - disse il Gigante.
Ma i bambini risposero che non
sapevano dove abitasse e che prima non l'avevano mai veduto, e il Gigante si
sentì molto triste.
Ogni pomeriggio, terminata la
scuola, i bambini venivano a giocare con il Gigante. Ma il piccolo bambino che
il Gigante amava non si vide più.
Il Gigante era molto buono con
tutti i bambini, ma sentiva la mancanza del suo piccolo amico e parlava spesso
di lui.
- Come mi piacerebbe rivederlo -
ripeteva.
Gli anni passarono, e il Gigante
divenne molto vecchio e debole. Non poteva più giocare né correre così se
ne stava in una grande poltrona e osservava i bambini intenti a giocare e
ammirava il giardino.
-Ho molti bellissimi fiori – diceva
- ma i bambini sono i fiori più belli.
Una mattina d'inverno, mentre si
vestiva, guardò fuori dalla finestra. Ora non odiava più l'Inverno, perché
sapeva che era soltanto la Primavera addormentata e che i fiori si stavano
riposando.
Ad un tratto si fregò gli occhi
sorpreso e si mise a guardare con intensità.
E vide una qualcosa di
straordinario. Nell'angolo più remoto del giardino c'era un albero interamente
ricoperto di delicati fiori bianchi. I suoi rami erano tutti d'oro, e da essi
pendevano frutti d'argento, e ai suoi piedi c'era il bimbo ch'egli aveva tanto
amato. Il Gigante scese di corsa e pieno di gioia, uscì nel giardino.
Quando s'avvicinò al bambino il suo volto diventò rosso per la collera, e
chiese:
- Chi ha osato ferirti?
Sulle palme delle mani il bambino
aveva il segno di due chiodi sulle mani come pure sui piedini.
- Chi ha osato ferirti? - gridò il
gigante - dimmelo e io impugnerò la mia grossa spada e lo ucciderò.
- No - rispose il bambino - queste
sono le ferite dell'Amore.
-Chi sei tu? - chiese il Gigante, e
uno strano senso di reverenza s'impadronì di lui e s'inginocchiò dinanzi al
bambino.
Il bambino gli sorrise e disse:
- Un giorno tu mi hai lasciato
giocare nel tuo giardino, oggi tu verrai con me nel mio, che è il Paradiso.
E quando quel pomeriggio i bambini
entrarono di corsa nel giardino, trovarono il Gigante che giaceva morto ai
piedi dell'albero, tutto ricoperto di candidi fiori.
Oscar Wilde
Analisi del testo
1.
Cosa udì il Gigante una mattina?
Cosa vide dalla finestra?
2.
Per quale motivo era tornata la
primavera?
3.
Perché in un angolo del giardino
regnava ancora l'inverno?
4.
Cosa comprese il Gigante?
5.
Perché i bambini scapparono alla
vista del Gigante?
6.
Chi non scappò? Perché?
7.
Cosa fece il Gigante?
8.
Perché tutti i bambini tornarono a
giocare nel giardino del Gigante?
9.
Perché il Gigante si sentiva
triste?
10.Chi vide il Gigante?
11.Perché il Gigante fu preso dalla rabbia?
12.Chi era il bambino?
13.Cosa promise al Gigante?
14.Cosa videro i bambini quel pomeriggio quando entrarono nel giardino?
Approfondimenti grammaticali
- Sottolinea, con colori
diversi, i nomi e gli aggettivi presenti nel testo.
- Illustra la storia con
alcuni disegni in ordine di tempo.
- Ricerca sul
vocabolario le parole che non conosci.
(e.b.)
Naturalmente ne potrete trovare
tantissimi altri, oramai non c'è che l'imbarazzo della scelta.
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