Un racconto per amare di più la natura e meno il cellulare: "Il Bosco Incantato di Pixel" (creato da Copilot microsoft)

**Il Bosco Incantato di Pixel** C'era una volta un bosco incantato chiamato Pixel, dove gli alberi sussurravano storie antiche e i fiori danzavano al ritmo del vento. In questo bosco magico, viveva un piccolo folletto di nome Luce, che aveva il potere di far brillare le cose con un semplice tocco. Un giorno, Luce notò che i bambini del villaggio vicino passavano tutto il loro tempo a fissare dei piccoli rettangoli luminosi, chiamati cellulari, dimenticandosi di giocare all'aria aperta. Preoccupato, Luce decise di usare la sua magia per mostrare ai bambini la bellezza della natura. Con un pizzico di polvere di stelle, Luce fece sì che ogni cellulare mostrasse immagini del bosco incantato. Gli alberi sembravano così reali che i bambini sentirono il profumo del muschio e il canto degli uccellini. Incantati, misero da parte i cellulari e corsero verso il bosco. Arrivati nel bosco, i bambini scoprirono un mondo di meraviglie. Inseguirono farfalle arcobaleno, costruirono castelli di

Letture e dettati relativi all'autunno

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In autunno nel bosco

E' autunno. Nel bosco gli alberi perdono le foglie rossicce che vengono accompagnate al suolo dal vento, come morte, a formare un tappeto sul terriccio umido. Io sto guardando quella specie di lenta pioggia di farfalle multicolori e provo il desiderio di prenderne qualcuna per ricordarmi del colorato autunno che ormai sta per finire. Ma la mia attenzione viene subito richiamata da un lieve scricchiolio: è un piccolo scoiattolo marrone che trasporta una ghianda fino al suo buco in un albero: fa tenerezza. Dopo un po' un venticello fresco solleva alcune foglie facendole roteare in aria. Nel bosco cala il silenzio. E' un silenzio magico accompagnato da un raggio di sole che filtra attraverso le piccole foglie degli alberi. E' rilassante. Ma ormai si sta facendo buio e, anche se la tristezza che provo uscendo dal bosco è tanta, non dimenticherò mai questa giornata.

In autunno nel bosco

Entrai nel bosco, sentivo il profumo delle foglie bagnate dalla brezza mattiniera. Pochi passi avanti trovai uno scoiattolo, nella sua tana, a sgranocchiare le nocciole, mi guardai intorno, il bosco era deserto: alberi spogli e secolari, tutti gli animali erano nascosti nelle loro tane e per terra vi era un tappeto di foglie di tanti colori diversi: verdi, gialle, rossicce, marroni. continuai ad andare avanti, faceva sempre più freddo, anche l'armonico cinguettio degli uccellini è di volta in volta più debole e stonato. Dopo qualche minuto avvistai un uccellino piccolo piccolo che saltellava di ramo in ramo. Ormai l'uscita dal bosco era vicina, tutto questo in me suscitò un gran piacere, tenerezza e infine tanta gioia: ero anche triste perché ero ormai fuori dal bosco, ma quelle immagini mi resteranno impresse nel cuore.

Autunno

L'aria si fa più fresca, la sera il sole tramonta sempre prima e così le notti si allungano, ogni tanto cade una insistente pioggerella.
Le foglie degli alberi sono sfumate di giallo, rosso e marrone, e intorno tutto brilla di questi colori.
Molte piante a poco a poco perdono le foglie.
Alcuni animali fanno scorta di cibo per mangiarlo poi quando si sveglieranno durante il lungo sonno invernale: altri animali partono verso i paesi caldi.
E gli altri? Affrontano il freddo e la scarsità di cibo dell'inverno.

I colori dell'autunno

E' autunno. Il cielo è ancora azzurro e l'aria limpida, ma nelle prime ore del mattino una nebbiolina grigia e sottile copre le case e i prati.
All'orizzonte si vedono uccelli neri che volano verso i paesi caldi.
Le foglie giallognole e rossicce volteggiano nell'aria, brillano sotto il sole e cadono per terra.
Le colline ancora verdi s'indorano sotto il sole del tramonto.
Nei castagneti al giallo-verdognolo delle foglie si unisce il marrone lucido delle castagne.
Nei boschi, larghi tratti ancora verdeggianti di alternano ai cespugli ingialliti.
Il contadino raccoglie le pannocchie di granoturco e rivolta le scure zolle per preparare il terreno per la semina, prima che arrivi l'inverno.

Le foglie in autunno

Nel vasto giardino ci sono già tante foglie cadute a terra. Il terreno diventa un magnifico tappeto variopinto: ricoperto da ricami gialli, rossi, violetti ... Sono belle le foglie di tanti colori, più belle dei fiori. Al nostro passaggio si lamentano con un debole crac, crec, croc. Quando le accarezzi ti si sbriciolano nelle mani e lasciano un lieve odore di secco.

Giornata d'ottobre

Era una limpida giornata d'ottobre. L'aria leggera e ancora calda di sole era mossa da un vento capriccioso. Su dai campi e dagli orti saliva il fumo azzurro azzurro dei fuochi autunnali che riempiva la luminosa regione di un dolciastro odore di erba e legna verde bruciata. Nei giardini del villaggio fiorivano margherite, tardive rose pallide e fra le siepi luccicava ancora qualche ranuncolo. Sulla strada passava lentamente un carretto. La strada era in lieve discesa a sinistra campi mietuti e coltivazioni di patate non ancora raccolte, a destra una giovane abetaia. In rettilineo la strada portava nell'azzurro cielo autunnale come se, là in alto il mondo dovesse finire.

Mattine di novembre

Nelle mattine del principio di novembre il sole tiepido e bianco è disteso sulle campagne, dove il verde è ormai sparito.
Quel sole bianco fa pensare a un immenso bucato steso ad asciugare.
Sono le giornate che si chiamano "estate di San Martino".
Dalle cantine viene l'odore del mosto.
All'angolo della piazza riluce, sotto la padella di ferro nero, la bracia rossa per le castagne.
Una vecchia aria di danza ristagna sotto il soffitto di travi, fra tele di ragno che sono d'argento.

I ricci e le mele

Una sera d'autunno, quando era già buio ma splendeva luminosa la luna, sono andato con un altro ragazzo, mio amico, in un campo pieno di alberi da frutto, specialmente di meli.
Ci siamo nascosti in un cespuglio, contro vento.
Ecco, a un tratto, sbucano i ricci, cinque: due più  grossi e tre piccolini.
In fila indiana si sono avviati verso i meli, hanno girellato tra l'erba e poi si sono messi al lavoro: aiutandosi coi musetti e con le gambette, facevano ruzzolare le mele, che il vento aveva il staccato dagli alberi, e le raccoglievano insieme in uno spiazzetto, ben vicine una all'altra.
Ma le mele giacenti per terra si vede che non bastavano; il riccio più grande, col muso per aria, si guardò attorno, scelse un albero molto curvo e si arrampicò, seguito da sua moglie.
Si posarono su un ramo carico e incominciarono a dondolarsi, ritmicamente: i loro movimenti si comunicarono al ramo, che oscillò sempre più spesso, con scosse brusche, e molte altre mele caddero per terra.
Radunate anche queste vicino alle altre, tutti i ricci, grandi e piccoli, si arrotolarono, con gli aculei irti, e si sdraiarono sui frutti, che rimanevano infilzati: c'era chi aveva poche mele infilzate (i riccetti), ma il padre e la madre erano riusciti a infilzare sette o otto mele per ciascuno.

La leggenda dell'estate di San Martino

In una fredda giornata di novembre, un soldato, di nome Martino, incontra un povero vecchio che gli chiede l'elemosina e trema per il freddo. Il cielo è ricoperto di nuvole nere, piove e tira un vento gelido, quasi invernale, il mendicante rischia di morire. Il cavaliere prova una grande pietà e sceso da cavallo, con la spada, taglia in due il suo caldo mantello e lo dona al povero. Il mendicante lo ringrazia con un sorriso e poi continua il suo cammino.
Martino prosegue la sua strada mentre la pioggia continua a scendere con forza e il vento continua la sua corsa impetuoso e gelido.
Ma ecco che d'improvviso la pioggia cessa di scendere, il vento si placa, il cielo si colora d'azzurro, il sole ritorna: con i suoi caldi raggi riscalda la terra e il cuore degli uomini.
Era l'11 di novembre, il giorno dell'estate di San Martino!

Pioggia autunnale

"Alla fine dell'autunno, in un solo giorno, cambiava il tempo. Di notte dovevamo chiudere le finestre perché non entrasse la pioggia e il vento freddo strappava le foglie dagli alberi della piazza.
Le foglie giacevano fradice nella pioggia e il vento spingeva la pioggia contro il grosso autobus verde al capolinea".

Il platano in autunno

In mezzo al prato un platano allargava i suoi rami. Le foglie avevano varie tonalità, dal verde pallido al rosso rame, ma erano ancora attaccate al loro gambo e il platano, bellissimo a vedersi ne era fiero. Al mattino il bosco era ovattato da una fitta nebbia e i sentieri erano grigi. Il cielo sembrava ricoperto da pesanti panni grigiastri e il sole non dava alcun tepore. Il giorno seguente il platano era completamente spoglio. Le foglie giacevano per terra, formando una fitta corona tutt'intorno al tronco.

Pioggia autunnale in città

Da tre giorni piove senza tregua. L'acqua precipita sonante sui tetti, corre a rivoli nelle strade. La gente è stizzita; torme di ombrelli si buttano contro i muri quando le rasentano automobili e autobus sventaglianti spruzzi gialli e lunghi dalle ruote. Solo i vigili, nei loro impermeabili, raccolgono pazienti le acque del cielo e ... della terra.

I funghi

Il bosco in autunno è il trionfo dei colori. E' il momento in cui compaiono i funghi; essi spuntano tutti insieme. Ecco il porcino con il cappello color tonaca di frate cappuccino con il grosso piede color avorio; ecco il gallinaccio con il collaretto color arancione tutto piegoline; ecco l'ovolaccio con il suo ombrello rosso, punteggiato di lacrime bianche; e ancora il prataiolo con il suo parasole chiaro da vecchia signora.

La storia del vino

Dai, Vino Buono, racconta la tua storia!” chiedono tutte le bottiglie della cucina.
Uffa, che barba!” borbotta Aceto a cui non va mai bene niente.
Il Vino guarda i suoi amici e poi, non foss'altro che per far dispetto a suo cugino Aceto, incomincia a raccontare: “Dovete sapere che mio padre era un Gran Vigneto e mia madre era tanto dolce e buona che tutti gli altri grappoli la invidiavano. Molta gente veniva ad ammirare la mia famiglia ed io non ero ancora nato che già tutti dicevano: “Chissà che buon vino verrà fuori da voi!”.
Dopo che sono nato, mi hanno messo in una bottiglia verde con su una bella etichetta in cui era stata scritta la mia data di nascita ed il nome di mio papà, e mi hanno mandato in cantina a studiare da Vino Buono. Ho imparato un mucchio di cose, sapete: che non mi devo scuotere, per esempio, se no divento torbido, che non devo dare confidenza all'acqua e che … non devo dire mai malignità, per non rischiare di diventare Aceto!”.
Bravo!” urla Olio entusiasta. Anche le altre bottiglie applaudono e mentre Vino Buono ringrazia, Aceto, disperato, si butta a capofitto nell'insalata!

La rondine che non sapeva volare

Mamma Coniglio fu svegliata da un rumore che veniva dall'esterno. Fuori c'era una piccola rondine che si lamentava: “Ho perso la mia mamma e il mio papà” diceva “e anche i miei fratelli e le mie sorelle. Sono volati tutti via, ma io non so volare.
Non preoccuparti” disse mamma Coniglio “puoi restare con noi!”.
Coniglietto e Benny furono felici di avere una nuova amica e Vrip, la rondine, si adattò bene alla vita dei coniglietti.
Dopo qualche giorno mamma Coniglio pensò che Vrip sarebbe dovuta andare a scuola con gli altri e la mandò.
Maestro Talpa fu sorpreso di vederla: “Non dovresti essere qui” disse “tutte le rondini sono già partite.
Partite per dove?” chiese Vrip.
Ogni anno in questo periodo” spiegò il maestro “le rondini volano verso i paesi caldi dove passano l'inverno.
Ma io non posso andare” disse Vrip “io non so volare.
Maestro Talpa fu irremovibile: “Dovrai imparare. Gufetto ti aiuterà.
Così Gufetto passò la mattina a insegnare a Vrip a volare. E il pomeriggio Mamma Coniglio fu sorpresa di vederla entrare in casa volando.
Vado a cercare i miei amici” spiegò Vrip “Grazie di avermi ospitato!”.
Mamma Coniglio sorrise e la salutò con la mano. “Vieni a trovarci l'estate prossima!” le gridò.

Andare in letargo

Quest'abitudine di andare in letargo può sembrare strana, ma bisogna ammettere che è piuttosto comoda e utilissima per evitare situazioni spiacevoli.
Se volete provare, il procedimento è molto semplice: dovete soltanto mettervi a letto e lasciarvi raffreddare un po' alla volta. Quando siete freddi pressappoco come un cubetto di ghiaccio, e respirate quel tanto da dimenticare come si fa, allora siete “caduti in letargo”.
Certo, gli animali vanno in letargo non per pigrizia, ma per motivi molto seri: quando il mondo è tanto freddo e non si trova niente da mangiare, alcuni animali si mettono a letto e non ci pensano più: dormono cinque, sei, sette mesi finché il brutto periodo è passato!




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