Un racconto per amare di più la natura e meno il cellulare: "Il Bosco Incantato di Pixel" (creato da Copilot microsoft)

**Il Bosco Incantato di Pixel** C'era una volta un bosco incantato chiamato Pixel, dove gli alberi sussurravano storie antiche e i fiori danzavano al ritmo del vento. In questo bosco magico, viveva un piccolo folletto di nome Luce, che aveva il potere di far brillare le cose con un semplice tocco. Un giorno, Luce notò che i bambini del villaggio vicino passavano tutto il loro tempo a fissare dei piccoli rettangoli luminosi, chiamati cellulari, dimenticandosi di giocare all'aria aperta. Preoccupato, Luce decise di usare la sua magia per mostrare ai bambini la bellezza della natura. Con un pizzico di polvere di stelle, Luce fece sì che ogni cellulare mostrasse immagini del bosco incantato. Gli alberi sembravano così reali che i bambini sentirono il profumo del muschio e il canto degli uccellini. Incantati, misero da parte i cellulari e corsero verso il bosco. Arrivati nel bosco, i bambini scoprirono un mondo di meraviglie. Inseguirono farfalle arcobaleno, costruirono castelli di

Raccontare una propria esperienza: traccia del testo.

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Il sito di didattica è ricco di testi di tipo narrativo, fantastico o realistico, che agevolano il lavoro dell'insegnante per la creazione, da parte dei piccoli allievi, di temi su svariati argomenti.Eccovi qualche esempio:







Quella volta mi sono sentito proprio soddisfatto perché...


Era una mattina come tante altre, mi ero lavato, mi ero vestito ed ero andato a scuola.
Quando arrivai in classe vidi che c'era un clima diverso e che i compagni presenti erano pieni di emozione perché quel giorno avremmo nuotato nel mare della fantasia con tutti i personaggi creati dall'immaginazione... dovevamo scrivere la nostra prima favola.
Il maestro ci dettò uno schema, da sviluppare per creare la nostra favola.
Scrivemmo per ore ma alla fine ottenemmo un bel risultato. Andammo a correggere la storia con il batticuore ed il maestro ci fece tanti complimenti.
Quel giorno rimasi molto soddisfatto perché avevo scritto una storia, per me, fantastica. E indovinate un po' come si chiamava il protagonista della storia: Hercules!


Quella volta l'ho combinata veramente grossa...


Era un giorno felice nella mia casa perché mio padre aveva appena finito i pitturare il muro della sala e così, per festeggiare, andò a comprare dei pasticcini.
Io appena provavo ad avvicinarmi alla sala, venivo subito richiamato dalla mamma che veniva a prendermi perché aveva paura che toccassi il muro.
Io, che non capivo, mi chiedevo sempre:
Perché non mi fa entrare?”.
Poi mi mise nel mio letto e mi disse:
Non uscire di lì”.
Io, non mi mossi dal letto finché non arrivò mio papà e quando arrivò portò con sé anche i pasticcini. Ne diedero tre a me, e io, che non sapevo cosa fossero, provai a lanciarne uno nel muro appena pitturato.
Li lanciai tutti e tre e risi dal divertimento. A mio padre toccò ripitturarlo e mia madre mi spiegò che i dolci si mangiano e non si tirano.


Imparare a raccontare una propria esperienza.


SCHEMA


Personaggi: Lucrezia, il maestro Ercole, la moglie Franca.
Ambiente: la casa del maestro.
Problema: Lucrezia ha fame ed il maestro Ercole dorme ..
Soluzione del problema: la gatta capisce che lo deve svegliare e ci riesce.
Conclusione: il maestro dà la pappa a Lucrezia.


Tema
Una notte da incubo


E' notte fonda. Solo il passaggio di qualche automobile rompe per qualche secondo la quiete della casa; il maestro Ercole dorme profondamente. Accasciata su una comoda poltrona Lucrezia non riesce a prendere sonno, sente lo stomaco brontolare dalla fame: vuole la pappa. piano piano entra nella camera da letto e miagola con forza: "Ma, ma, mauu". Il maestro Ercole continua nei suoi sogni come se nulle fosse, anzi si copre la testa con le coperte. la gattina ora è proprio affamata, salta sul comodino, si mette in posizione ... balza sulla testa del maestro tirando fuori il suo più bel "Ma, ma, mauu". Il maestro Ercole e la moglie Franca urlano a più non posso: "Aiutoo i ladri ...". Ripresisi dallo spavento, accendono la luce e capiscono. La piccola monella è ora per terra felice. "Ercole ti sei dimenticato di darle da mangiare ... Poverina! Svelto dalle i gamberetti col salmone".


Un capodanno davvero insolito


Erano le ore diciotto del 31 dicembre 2006; io, Matteo e la mamma stavamo preparando la tavola al bar di papà per il cenone di Capodanno con i nostri amici.
Ero felice perché sapevo che dopo la mezzanotte ci saremmo messi tutti a giocare con dei bellissimi giochi, dopo aver fatto scoppiare alcuni petardi, non pericolosi per noi bambini. Finalmente giunse l'ora tanto attesa. Il tempo inesorabile lasciò alle spalle il 2006: cominciammo a festeggiare e a ballare tutti insieme per l'arrivo del nuovo anno.
Provavo grande gioia e sentivo le gambe che chiedevano di muoversi; fu così che mi lancia in un ballo rap; ad un certo punto mi venne in mente di fare una verticale e mentre ero a testa in giù, con le gambe sollevate e le braccia a terra, il mio braccio cedette, piegandosi e facendo “crack”!
Provai un dolore acuto e temevo che qualcosa di brutto fosse accaduto. Per non rovinare la festa non dissi niente a nessuno, ma un'amica della mamma si accorse che avevo il braccio gonfio.
A quel punto i miei si preoccuparono e la mamma disse che secondo lei avevo l'osso del braccio fuori posto e che quindi era il caso di andare al pronto soccorso dell'ospedale. Durante il viaggio il mio cuore batteva forte e nella mia mente si accavallavano pensieri poco allegri.
Una volta giunti a destinazione suonammo il campanello ma nessuno rispose, perché i dottori e le infermiere stavano ancora festeggiando. La mamma, stufa, suonò talmente a lungo da svegliare i pazienti dell'ospedale e non appena aprirono la porta disse: "Buon anno a tutti!". Arrivò un dottore, molto gentile e simpatico, che mi disse che avevo una frattura al legno verde; mi spiegò cosa significasse e poi in quattro manovre davvero dolorose migliorò la mia frattura, che da scomposta divenne composta.
Dopo questo intervento mi misero la doccia al braccio in attesa del gesso, che mi avrebbero messo il giorno dopo.
Il dottore voleva darmi l'attestato del bambino coraggioso, perché nonostante il dolore mi ero comportato da vero campione, ma siccome erano finiti i diplomini mi dovetti accontentare dei complimenti.
Andati via dal pronto soccorso e arrivati al bar di papà trovai tutti i nostri amici tristi e preoccupati.
Finì la festa ed erano solo le due.
Papà era molto in ansia per me, ma io con gran tono di voce dissi a tutti:
"Non importa, perché chi mal comincia ben finisce!".


Francesco, classe terza


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