Poesia di Pasqua: "Gesù o Barabba?" di Ercole Bonjean

Il 31 marzo ritorna la Santa Pasqua. Purtroppo anche quest'anno il Male è entrato nelle vite di tutti noi. Mai come quest'anno si sente il bisogno di pace, di amore, di solidarietà. Il Calvario di Gesù e la sua Resurrezione indicano la via da percorrere. Il mio augurio è che  alla fine prevalga il Bene e che si possa ritornare alla normalità della vita di ogni giorno. Che sia per tutti la Santa Pasqua della Resurrezione!!  Gesù o Barabba? “ Sia libero il male”. Acclama la folla, Si lava Pilato, sorride Barabba. Sale la strada, pesa la Croce. Cade. Si rialza. E’ buio; sibila il Vento, urla la Terra, nulla può fare: È silenzio, Tace, Tace. Risorge il Sole. Ritorna la Luce, irradia i volti, riscalda la Pace. Ercole Bonjean  © Visualizza e stampa con Google Docs Ti potrebbero interessare: Il paese delle uova di cioccolato "E' Pasqua!" di Maria Grazia Bucceri Racconto di Pasqua "La Risurrezione&q

Pinocchio di Carlo Collodi, capitolo XVIII: "Pinocchio ritrova la volpe e il gatto, e va con loro a seminare le quattro monete nel campo dei miracoli".

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XVIII
Pinocchio ritrova la volpe e il gatto, e va con loro a seminare le quattro monete nel campo dei miracoli.

Come potete immaginarvelo, la Fata lasciò che il burattino piangesse e urlasse una buona mezz’ora, a motivo di quel suo naso che non passava più dalla porta di camera; e lo fece per dargli una severa lezione perché si correggesse dal brutto vizio di dire le bugie, il più brutto vizio che possa avere un ragazzo. Ma quando lo vide trasfigurato e cogli occhi fuori della testa dalla gran disperazione, allora, mossa
a pietà, batté le mani insieme, e a quel segnale entrarono in camera dalla finestra un migliaio di grossi uccelli chiamati Picchi, i quali, posatisi tutti sul naso di Pinocchio, cominciarono a beccarglielo tanto e poi tanto, che in pochi minuti quel naso enorme e spropositato si trovò ridotto alla sua grandezza naturale.
– Quanto siete buona, Fata mia, – disse il burattino,
asciugandosi gli occhi, – e quanto bene vi voglio!
– Ti voglio bene anch’io, – rispose la Fata, – e se tu
vuoi rimanere con me, tu sarai il mio fratellino e io la tua buona sorellina...
– Io resterei volentieri... ma il mio povero babbo?
– Ho pensato a tutto. Il tuo babbo è stato di già avvertito: e prima che faccia notte, sarà qui.
– Davvero?... – gridò Pinocchio, saltando dall’allegrezza.
– Allora, Fatina mia, se vi contentate, vorrei andargli
incontro! Non vedo l’ora di poter dare un bacio a quel povero vecchio, che ha sofferto tanto per me!
– Vai pure, ma bada di non ti sperdere. Prendi la via
del bosco, e sono sicurissima che lo incontrerai.
Pinocchio partì: e appena entrato nel bosco, cominciò
a correre come un capriolo. Ma quando fu arrivato a un certo punto, quasi in faccia alla Quercia grande, si fermò, perché gli parve di aver sentito gente fra mezzo alle frasche.
Difatti vide apparire sulla strada, indovinate chi?... la
Volpe e il Gatto, ossia i due compagni di viaggio, coi quali aveva cenato all’osteria del Gambero Rosso.
– Ecco il nostro caro Pinocchio! – gridò la Volpe, abbracciandolo e baciandolo.
– Come mai sei qui?
– Come mai sei qui? – ripeté il Gatto.
– È una storia lunga, – disse il burattino, – e ve la racconterò a comodo. Sappiate però che l’altra notte, quando mi avete lasciato solo nell’osteria, ho trovato gli assassini per la strada...
– Gli assassini?... O povero amico! E che cosa volevano?
– Mi volevano rubare le monete d’oro.
– Infami!... – disse la Volpe.
– Infamissimi! – ripeté il Gatto.
– Ma io cominciai a scappare, – continuò a dire il burattino, – e loro sempre dietro: finché mi raggiunsero e m’impiccarono a un ramo di quella quercia.
E Pinocchio accennò la Quercia grande, che era lì a
due passi.
– Si può sentir di peggio? – disse la Volpe. – In che
mondo siamo condannati a vivere? Dove troveremo un rifugio sicuro noi altri galantuomini?...
Nel tempo che parlavano così, Pinocchio si accorse
che il Gatto era zoppo dalla gamba destra davanti, perché gli mancava in fondo tutto lo zampetto cogli unghioli: per cui gli domandò:
– Che cosa hai fatto del tuo zampetto?
Il Gatto voleva rispondere qualche cosa, ma s’imbrogliò.
Allora la Volpe disse subito:
– Il mio amico è troppo modesto, – e per questo non
risponde. Risponderò io per lui. Sappi dunque che un’ora fa abbiamo incontrato sulla strada un vecchio lupo, quasi svenuto dalla fame, che ci ha chiesto un po’ d’elemosina.
Non avendo noi da dargli nemmeno una lisca di pesce,
che cosa ha fatto l’amico mio, che ha davvero un cuore di Cesare?... Si è staccato coi denti uno zampetto delle sue gambe davanti e l’ha gettato a quella povera bestia, perché potesse sdigiunarsi.
E la Volpe nel dir così, si asciugò una lacrima.
Pinocchio, commosso anche lui, si avvicinò al Gatto,
sussurrandogli negli orecchi:
– Se tutti i gatti ti somigliassero, fortunati i topi!...
– E ora che cosa fai in questi luoghi? – domandò la
Volpe al burattino.
– Aspetto il mio babbo, che deve arrivare qui di momento in momento.
– E le tue monete d’oro?
– Le ho sempre in tasca, meno una che la spesi all’osteria del Gambero Rosso.
– E pensare che, invece di quattro monete, potrebbero diventare domani mille e duemila! Perché non dai retta al mio consiglio? Perché non vai a seminarle nel Campo dei miracoli?
– Oggi è impossibile: vi anderò un altro giorno.
– Un altro giorno sarà tardi, – disse la Volpe.
– Perché?
– Perché quel campo è stato comprato da un gran signore e da domani in là non sarà più permesso a nessuno di seminarvi i denari.
– Quant’è distante di qui il Campo dei miracoli?
– Due chilometri appena. Vuoi venire con noi? Fra
mezz’ora sei là: semini subito le quattro monete: dopo pochi minuti ne raccogli duemila e stasera ritorni qui colle tasche piene. Vuoi venire con noi?
Pinocchio esitò un poco a rispondere, perché gli tornò
in mente la buona Fata, il vecchio Geppetto e gli avvertimenti del Grillo-parlante; ma poi finì col fare come fanno tutti i ragazzi senza un fil di giudizio e senza cuore; finì, cioè, col dare una scrollatina di capo, e disse alla Volpe e al Gatto:
– Andiamo pure: io vengo con voi.
E partirono.
Dopo aver camminato una mezza giornata arrivarono
a una città che aveva nome «Acchiappa-citrulli». Appena entrato in città, Pinocchio vide tutte le strade popolate di cani spelacchiati, che sbadigliavano dall’appetito, di pecore tosate che tremavano dal freddo, di galline rimaste senza cresta e senza bargigli, che chiedevano l’elemosina d’un chicco di granturco, di grosse farfalle, che non potevano
più volare, perché avevano venduto le loro bellissime ali colorite, di pavoni tutti scodati, che si vergognavano a farsi vedere, e di fagiani che zampettavano cheti cheti, rimpiangendo
le loro scintillanti penne d’oro e d’argento, oramai
perdute per sempre.
In mezzo a questa folla di accattoni e di poveri vergognosi passavano di tanto in tanto alcune carrozze signorili con dentro o qualche volpe, o qualche gazza ladra o qualche uccellaccio di rapina.
– E il Campo dei miracoli dov’è? – domandò Pinocchio.
– È qui a due passi.
Detto fatto traversarono la città e, usciti fuori dalle
mura, si fermarono in un campo solitario che, su per giù, somigliava a tutti gli altri campi.
– Eccoci giunti, – disse la Volpe al burattino. – Ora
chinati giù a terra, scava con le mani una piccola buca nel campo e mettici dentro le monete d’oro.
Pinocchio ubbidì. Scavò la buca, ci pose le quattro monete d’oro che gli erano rimaste: e dopo ricoprì la buca con un po’ di terra.
– Ora poi, – disse la Volpe, – vai alla gora qui vicina,
prendi una secchia d’acqua e annaffia il terreno dove hai seminato.
Pinocchio andò alla gora, e perché non aveva lì per lì
una secchia, si levò di piedi una ciabatta e, riempitala d’acqua, annaffiò la terra che copriva la buca. Poi domandò:
– C’è altro da fare?
– Nient’altro, – rispose la Volpe. – Ora possiamo andar via. Tu poi ritorna qui fra una ventina di minuti e troverai l’arboscello già spuntato dal suolo e coi rami tutti carichi di monete.
Il povero burattino, fuori di sé dalla contentezza, ringraziò mille volte la Volpe e il Gatto, e promise loro un bellissimo regalo.
– Noi non vogliamo regali, – risposero quei due malanni.
– A noi ci basta di averti insegnato il modo di arricchire senza durar fatica, e siamo contenti come pasque.
Ciò detto salutarono Pinocchio, e augurandogli una
buona raccolta, se ne andarono per i fatti loro.

Comprensione del testo
  1. Cosa accade a Pinocchio quando dice bugie?
  2. Da cosa si accorge Pinocchio che il suo naso è lunghissimo?
  3. Chi glielo rimette a posto? Come?
  4. Cosa propone la Fata a Pinocchio?
  5. Chi incontra Pinocchio nel bosco?
  6. Cosa propongono il Gatto e la Volpe a Pinocchio?
  7. Come si chiama il paese vicino al Campo dei miracoli?
  8. Chi vede Pinocchio in giro per il paese?
  9. Cosa fa Pinocchio su consiglio del Gatto e la Volpe?
  10. Perché Pinocchio innaffia le quattro monete d'oro?
Interpretazione del testo
  1. Quale brutto vizio aveva Pinocchio?
  2. Ti è mai capitato di dire bugie?
  3. Cosa accade nel paese di Acchiappacitrulli? Perché si chiama così?
  4. Perché Pinocchio accetta il consiglio del Gatto e la Volpe? 

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