Educare alla pace, alla libertà, all'uguaglianza: racconti, poesie, filastrocche, leggende, testi di vario genere.

Compito della scuola è quello di educare ai valori fondamentali della persona: la pace, la libertà, l'uguaglianza tra i popoli. Sono questi obiettivi irrinunciabili a cui la società tutta deve dare il proprio contributo. Le bambine e i bambini si rivelano molto sensibili a questi argomenti che incidono sulla sfera motivazionale, fanno da leva alla volontà, e offrono spunti straordinariamente coinvolgenti, trasversali a tutte le materie oggetto di studio. Nel sito sono numerose le attività educativo didattiche che affrontano questi argomenti. Ve li propongo quale spunto per le lezioni: Giornata della pace della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse (4  ottobre) Scuola e immigrazione: poesie, filastrocche, temi. Festa della Repubblica, 2 giugno Come mai gli uomini muoiono in guerra? Tema: Racconto la mia esperienza con i compagni di scuola stranieri Breve unità didattica sul Natale: "Se io fossi Gesù Bambino vorr

"Pinocchio" di Carlo Collodi, capitolo X: "I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio e gli fanno una grandissima festa; ma sul più bello, esce fuori il burattinaio Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo di fare una brutta fine".

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X
I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio e gli fanno una grandissima festa; ma sul più bello, esce fuori il burattinaio Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo di fare una brutta fine. 

Quando Pinocchio entrò nel teatrino delle marionette,
accadde un fatto che destò mezza rivoluzione.
Bisogna sapere che il sipario era tirato su e la commedia era già incominciata.
Sulla scena si vedevano Arlecchino e Pulcinella, che bisticciavano fra di loro e, secondo il solito, minacciavano da un momento all’altro di scambiarsi un carico di schiaffi e di bastonate.
La platea, tutta attenta, si mandava a male dalle grandi risate, nel sentire il battibecco di quei due burattini, che gestivano e si trattavano d’ogni vitupero con tanta verità, come se fossero proprio due animali ragionevoli e due persone di questo mondo.
Quando all’improvviso, che è che non è, Arlecchino
smette di recitare, e voltandosi verso il pubblico e accennando colla mano qualcuno in fondo alla platea, comincia a urlare in tono drammatico:
– Numi del firmamento! sogno o son desto? Eppure
quello laggiù è Pinocchio!...
– È Pinocchio davvero! – grida Pulcinella.
– È proprio lui! – strilla la signora Rosaura, facendo capolino di fondo alla scena.
– È Pinocchio! è Pinocchio! – urlano in coro tutti i burattini, uscendo a salti fuori delle quinte.
– È Pinocchio! è il nostro fratello Pinocchio! Evviva
Pinocchio.
– Pinocchio, vieni quassù da me, – grida Arlecchino, –
vieni a gettarti fra le braccia dei tuoi fratelli di legno!
A questo affettuoso invito Pinocchio spicca un salto, e
di fondo alla platea va nei posti distinti; poi con un altro salto, dai posti distinti monta sulla testa del direttore d’orchestra, e di lì schizza sul palcoscenico.
È impossibile figurarsi gli abbracciamenti, gli strizzoni
di collo, i pizzicotti dell’amicizia e le zuccate della vera e sincera fratellanza, che Pinocchio ricevé in mezzo a tanto arruffio dagli attori e dalle attrici di quella compagnia drammatico-vegetale.
Questo spettacolo era commovente, non c’è che dire:
ma il pubblico della platea, vedendo che la commedia non andava più avanti, s’impazientì e prese a gridare:
– Vogliamo la commedia, vogliamo la commedia!
Tutto fiato buttato via, perché i burattini, invece di
continuare la recita, raddoppiarono il chiasso e le grida, e, postosi Pinocchio sulle spalle, se lo portarono in trionfo davanti ai lumi della ribalta.
Allora uscì fuori il burattinaio, un omone così brutto,
che metteva paura soltanto a guardarlo. Aveva una barbaccia nera come uno scarabocchio d’inchiostro, e tanto lunga che gli scendeva dal mento fino a terra: basta dire che, quando camminava, se la pestava coi piedi. La sua bocca era larga come un forno, i suoi occhi parevano due lanterne di vetro rosso, col lume acceso di dietro, e con le mani faceva schioccare una grossa frusta, fatta di serpenti e di code di volpe attorcigliate insieme.
All’apparizione inaspettata del burattinaio, ammutolirono tutti: nessuno fiatò più. Si sarebbe sentito volare una mosca. Quei poveri burattini, maschi e femmine, tremavano tutti come tante foglie.
– Perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio
teatro? – domandò il burattinaio a Pinocchio, con un vocione d’Orco gravemente infreddato di testa.
– La creda, illustrissimo, che la colpa non è stata mia!...
– Basta così! Stasera faremo i nostri conti.
Difatti, finita la recita della commedia, il burattinaio
andò in cucina, dov’egli s’era preparato per cena un bel montone, che girava lentamente infilato nello spiedo. E perché gli mancavano la legna per finirlo di cuocere e di rosolare, chiamò Arlecchino e Pulcinella e disse loro:
– Portatemi di qua quel burattino che troverete attaccato al chiodo. Mi pare un burattino fatto di un legname molto asciutto, e sono sicuro che, a buttarlo sul fuoco, mi darà una bellissima fiammata all’arrosto.
Arlecchino e Pulcinella da principio esitarono; ma impauriti da un’occhiataccia del loro padrone, obbedirono: e dopo poco tornarono in cucina, portando sulle braccia il povero Pinocchio, il quale, divincolandosi come un’anguilla fuori dell’acqua, strillava disperatamente:
– Babbo mio, salvatemi! Non voglio morire, non voglio
morire!...

Comprensione del testo
  1. Chi vede Pinocchio al teatro delle marionette?
  2. Cosa stanno facendo Arlecchino e Pulcinella?
  3. Chi riconosce Pinocchio?
  4. Cosa accade quando i burattini riconoscono Pinocchio?
  5. Chi interviene? 
  6. Cosa ordina il burattinaio ad Arlecchino e Pulcinella?
  7. Cosa intende fare il burattinaio?
  8. Come reagisce Pinocchio?
Interpretazione del testo
  1. Perché il burattinaio vuole bruciare Pinocchio?
  2. Prova a disegnare il burattinaio Mangiafoco.

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