Un racconto per amare di più la natura e meno il cellulare: "Il Bosco Incantato di Pixel" (creato da Copilot microsoft)

**Il Bosco Incantato di Pixel** C'era una volta un bosco incantato chiamato Pixel, dove gli alberi sussurravano storie antiche e i fiori danzavano al ritmo del vento. In questo bosco magico, viveva un piccolo folletto di nome Luce, che aveva il potere di far brillare le cose con un semplice tocco. Un giorno, Luce notò che i bambini del villaggio vicino passavano tutto il loro tempo a fissare dei piccoli rettangoli luminosi, chiamati cellulari, dimenticandosi di giocare all'aria aperta. Preoccupato, Luce decise di usare la sua magia per mostrare ai bambini la bellezza della natura. Con un pizzico di polvere di stelle, Luce fece sì che ogni cellulare mostrasse immagini del bosco incantato. Gli alberi sembravano così reali che i bambini sentirono il profumo del muschio e il canto degli uccellini. Incantati, misero da parte i cellulari e corsero verso il bosco. Arrivati nel bosco, i bambini scoprirono un mondo di meraviglie. Inseguirono farfalle arcobaleno, costruirono castelli di

Tema: "Non sempre le avventure capitano solo nei romanzi, quella volta ad esempio … "

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Non sempre le avventure capitano solo nei romanzi, quella volta ad esempio …

Non è vero che le avventure dei romanzi superano quelle della realtà: non è proprio vero; infatti quella settimana al campeggio non dimenticherò mai.
La settimana al campeggio di San Bernardo di Conio non è stata un granché soprattutto il giorno della scampagnata, o meglio ultra scampagnata: partimmo alle otto di mattina, a metà strada mi sentii le gambe non reggermi più; mi fermai qualche secondo e in un attimo mi ritrovai da solo, lì, senza un amico, ma ci pensate un bambino di otto anni da solo, in una strada di montagna, senza una casa e senza un anima viva; solo io circondato da alberi. Mi sentii il cuore battere forte come una macchina senza freni in una discesa scoscesa e senza fine. Chiamai i miei amici, ma niente, allora decisi di proseguire con cautela, ma con una fifa bestiale. La strada sembrava essere sempre uguale, ma non era vero, ma la paura non mi era passata; dopo aver percorso percorso più o meno quattro metri un bivio mi confuse le idee, così decisi di andare a destra, camminai e camminai, gli alberi si facevano sempre più fitti sino a quando mi ritrovai circondato da una selva oscura: provai a tirarmi su il morale dicendo battute sceme tipo: perché mi sono perso? E che ne so io! Oppure canticchiavo, ma non serviva a niente, anzi mi faceva aumentare la paura.
Decisi di correre, corsi così tanto che mi ritrovai in un bosco, sentii dei rumori sospetti, pensai che fossero i miei amici e che li avessi raggiunti, ma invece tra le foglie secche cadute a terra mi ritrovai una biscia davanti, io sapevo che le bisce se non le disturbi non ti fanno niente, ma in quel momento, preso dalla paura, lanciai un urlo che fece scappare la biscia; mi calmai dopo mezz'ora. A quel punto capii che i miei amici non sarebbero mai potuti passare da quella strada della morte. Tornai indietro, mi assicurai che la biscia se ne fosse andata, avanzai con garbo, ma il bivio non c'era ancora e a quel punto mi venne in mente la storia di Giarin e Sciarin i due fidanzati che vanno a fare una passeggiata nel bosco e per tornare indietro non trovano più la strada. Continuai e mi dissi tra me e me: ma è possibile che in un campeggio non abbiano il minimo scrupolo di sapere se i loro clienti stiano bene?! Speriamo che abbiano l'assicurazione?! Passai un'ora con le dita incrociate e camminai sino a che vidi il bivio: corsi e vidi i miei amici mangiare e mi unii a loro. Nel ritorno, per essere sicuro di non perdermi, mi misi in testa alla fila e non mi fermai prima di essere arrivato al rifugio.
Questa si che è stata un'avventura: altro che quella dei romanzi!

(Marco, classe quinta, 1997)

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