Un racconto per amare di più la natura e meno il cellulare: "Il Bosco Incantato di Pixel" (creato da Copilot microsoft)

**Il Bosco Incantato di Pixel** C'era una volta un bosco incantato chiamato Pixel, dove gli alberi sussurravano storie antiche e i fiori danzavano al ritmo del vento. In questo bosco magico, viveva un piccolo folletto di nome Luce, che aveva il potere di far brillare le cose con un semplice tocco. Un giorno, Luce notò che i bambini del villaggio vicino passavano tutto il loro tempo a fissare dei piccoli rettangoli luminosi, chiamati cellulari, dimenticandosi di giocare all'aria aperta. Preoccupato, Luce decise di usare la sua magia per mostrare ai bambini la bellezza della natura. Con un pizzico di polvere di stelle, Luce fece sì che ogni cellulare mostrasse immagini del bosco incantato. Gli alberi sembravano così reali che i bambini sentirono il profumo del muschio e il canto degli uccellini. Incantati, misero da parte i cellulari e corsero verso il bosco. Arrivati nel bosco, i bambini scoprirono un mondo di meraviglie. Inseguirono farfalle arcobaleno, costruirono castelli di

Il Gigante Egoista di Oscar Wilde

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Il Gigante Egoista

Ogni pomeriggio, terminata la scuola, i bambini andavano a giocare nel giardino del Gigante.
Era un grande, bellissimo giardino ricoperto di tenera erbetta verde. Qua e là sull'erbetta, spiccavano fiori simile a stelle; in primavera i dodici peschi si ricoprivano di fiori rosa e di perla, e in autunno, davano i frutti. Gli uccellini si posavano sugli alberi e cantavano così dolcemente che i bambini fermavano i loro giochi per ascoltarli.
- Come siamo felici qui!- si dicevano l'un l'altro.
Un giorno il Gigante ritornò. Era stato a far visita al suo amico, l'Orco della Cornovaglia, e vi era rimasto per sette anni.
Trascorso questo periodo, egli aveva detto tutto quel che aveva dire perché la sua conversazione era limitata, e quindi decise di ritornare al castello. Al suo arrivo vide i bambini che giocavano nel giardino. 
- Che cosa state facendo voi qui?- esclamò con voce burbera, e i bambini scapparono.
- Il mio giardino è il mio giardino! - disse il Gigante - lo sappiano tutti: nessuno, all'infuori di me, può giocare qui dentro. Così costruì un alto muro tutto intorno e vi affisse un cartello:

CHIUNQUE OLTREPASSERA' QUESTO MURO SARA' PUNITO

Era una Gigante molto egoista.
Ora i poveri bambini non sapevano più dove giocare. Cercarono di giocare sulla strada, ma la strada era polverosa e piena di sassi aguzzi, e non piaceva a nessuno. Finita la scuola giravano attorno all'alto muro e parlavano del bel giardino.
- Com'eravamo felici! - dicevano tra di loro.
Poi venne la primavera, e dovunque, nella campagna, v'erano fiori e uccellini.
Solamente nel giardino del Gigante regnava ancora l'inverno.
Là gli uccellini non avevano il desiderio di cantare perché non c'erano bambini e gli alberi si dimenticarono di fiorire.
Soltanto un fiore bellissimo mise la testina fuori dall'erba, ma alla vista del cartello provò tanta pietà per i bambini che si ritrasse e si riaddormentò. Solo la Neve e il Gelo erano contenti.
- La Primavera si è dimenticata di questo giardino – esclamarono - perciò potremo restare qui tutto l'anno.
La Neve ricoprì l'erba con il suo grande mantello bianco e il Gelo dipinse d'argento tutti gli alberi.
Poi invitarono il vento del nord a starsene con loro, e quello arrivò. Era ravvolto in pellicce e tutto il giorno ululava per il giardino rovesciando i comignoli con i suoi potenti soffi.
- E' un angolo delizioso - disse - dobbiamo invitare anche la Grandine a raggiungerci qui.
Così la Grandine venne. Tre ore al giorno picchiò sul tetto del castello finché spezzò le tegole, poi si mise a correre veloce per il giardino.
Era vestita di grigio, e il suo fiato era freddo come il ghiaccio.
- Non riesco a capire perché la Primavera tardi tanto a venire - disse il Gigante Egoista mentre, seduto presso la finestra, guardava il suo giardino gelato e bianco:
- Speriamo che il tempo cambi.
Ma la Primavera non venne mai e nemmeno l'Estate. L'Autunno diede frutti d'oro a tutti i giardini, ma nemmeno uno a quello del gigante.
Lì era sempre inverno e il vento del Nord, la Grandine, il Gelo e la Neve danzavano tra gli alberi.
Una mattina il Gigante se ne stava a letto quando udì una dolce musica. Era una musica che risuonava tanto dolce alle sue orecchie che pensò fossero di musicanti del re che passavano nelle vicinanze. In realtà era solo un piccolo fanello che cantava fuori dalla sua finestra, ma da tanto tempo non udiva un uccellino cantare nel suo giardino, che gli sembrò la più meravigliosa melodia del mondo.
La Grandine cessò di danzare sulla sua testa, il Vento del Nord smise di fischiare e un profumo delizioso giunse attraverso la finestra aperta.
- Credo che finalmente la primavera sia venuta - disse il gigante; balzò dal letto e guardò fuori.
E cosa vide? Una visione meravigliosa. I bambini erano entrati attraverso un'apertura del muro e sedevano sui rami degli alberi.
Su ogni albero che il gigante poteva vedere c'era un bambino. Gli alberi, felici di riavere i bambini, s'erano ricoperti di fiori e dolcemente poggiavano i rami sulle loro testoline.
Gli uccellini svolazzavano qua e là cinguettando felici e i fiori sbucavano ridenti dall'erba. Era una scena incantevole. Solo in un angolo del giardino regnava ancora l'inverno.
Era l'angolo più remoto del giardino, e là il gigante vide un bambino. Era tanto piccolo che non riusciva a raggiungere i rami di un albero e vi girava intorno piangendo amaramente.
Il povero albero era ancora coperto di ghiaccio e di neve e sopra di esso il Vento del Nord ululava sopra di lui.
- Arrampicati, piccino! - disse l'albero e piegò i suoi rami quanto più poté: ma il bambino era troppo piccolo.
A quella vista il cuore del Gigante si intenerì.
- Come sono stato egoista! - si disse. - Ora so perché la primavera non voleva venire qui.
Farò salire quel bambino in cima all'albero poi abbatterò il muro di cinta e il mio giardino sarà, per sempre, il parco dei giochi dei bambini. 
Era profondamente pentito per quanto aveva fatto.
Scese furtivamente le scale, aprì piano piano la porta e uscì nel giardino. Ma quando i bambini lo videro, si spaventarono tanto e fuggirono via, e nel giardino tornò di nuovo l'inverno. Solo il piccolo bimbo non scappò; i suoi occhi erano così colmi di lacrime che nemmeno vide venire il gigante. E il Gigante giunse di soppiatto dietro a lui, lo prese con delicatezza nella sua mano e lo mise sull'albero. E immediatamente l'albero fiorì, gli uccellini cominciarono a cantare tra i rami, e il bambino gettò le braccia al collo del gigante e lo baciò.
E gli altri bambini vedendo che il gigante non era più cattivo, ritornarono correndo e con loro tornò la Primavera.
- Ora questo giardino è vostro, bambini - disse il Gigante e, presa una grossa scure, abbatté il muro.
E a mezzogiorno la gente che andava al mercato vide il gigante giocare con i bambini nel giardino più bello del mondo. Tutto il giorno giocarono e la sera i bambini salutarono il Gigante.
- Dov'è il vostro piccolo amico? - chiese: - il bambino che ho fatto salire sull'albero?-
Il Gigante l'amava più di tutti, perché il piccino l'aveva baciato.
- Non lo sappiamo - risposero i bambini - se n'è andato.
- Dovete dirgli che domani deve assolutamente venire - disse il Gigante.
Ma i bambini risposero che non sapevano dove abitasse e che prima non l'avevano mai veduto, e il Gigante si sentì molto triste.
Ogni pomeriggio, terminata la scuola, i bambini venivano a giocare con il Gigante. Ma il piccolo bambino che il Gigante amava non si vide più.
Il Gigante era molto buono con tutti i bambini, ma sentiva la mancanza del suo piccolo amico e parlava spesso di lui.
- Come mi piacerebbe rivederlo - ripeteva.
Gli anni passarono, e il Gigante divenne molto vecchio e debole. Non poteva più giocare né correre
così se ne stava in una grande poltrona e osservava i bambini intenti a giocare e ammirava il giardino.
-Ho molti bellissimi fiori – diceva - ma i bambini sono i fiori più belli.
Una mattina d'inverno, mentre si vestiva, guardò fuori dalla finestra. Ora non odiava più l'Inverno, perché sapeva che era soltanto la Primavera addormentata e che i fiori si stavano riposando.
Ad un tratto si fregò gli occhi sorpreso e si mise a guardare con intensità.
E vide una qualcosa di straordinario. Nell'angolo più remoto del giardino c'era un albero interamente ricoperto di delicati fiori bianchi. I suoi rami erano tutti d'oro, e da essi pendevano frutti d'argento, e ai suoi piedi c'era il bimbo ch'egli aveva tanto amato. Il Gigante scese di corsa e pieno di gioia, uscì nel giardino. Quando s'avvicinò al bambino il suo volto diventò rosso per la collera, e chiese:
- Chi ha osato ferirti?
Sulle palme delle mani il bambino aveva il segno di due chiodi sulle mani come pure sui piedini.
- Chi ha osato ferirti? - gridò il gigante - dimmelo e io impugnerò la mia grossa spada e lo ucciderò.
- No - rispose il bambino - queste sono le ferite dell'Amore.
-Chi sei tu? - chiese il gigante, e uno strano senso di reverenza s'impadronì di lui e s'inginocchiò dinanzi al bambino.
Il bambino gli sorrise e disse:
- Un giorno tu mi hai lasciato giocare nel tuo giardino, oggi tu verrai con me nel mio, che è il Paradiso.
E quando quel pomeriggio i bambini entrarono di corsa nel giardino, trovarono il Gigante che giaceva morto ai piedi dell'albero, tutto ricoperto di candidi fiori.

Oscar Wilde







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