La scuola per la pace: poesie, filastrocche, testi di vario tipo, spunti di riflessione contro la guerra

Le terribili tragedie delle guerre in Ucraina e in Palestina fanno riflettere su quanto sia importante vivere in pace e superare ogni tipo di barriera che possa essere d'ostacolo alla libertà d'ogni popolo della Terra. L'arte, la musica, la letteratura, il cinema, il teatro, tutto ciò che è cultura, può aiutare a combattere la la guerra e ogni forma di violenza, a formare cittadini consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri. La scuola può pertanto fare molto per formare coscienze libere: " la libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare". Quant'è vera questa affermazione di Piero Calamandrei! Ce ne accorgiamo in questi giorni in cui tutte le nostre sicurezze sono messe in forse e "l'aria comincia a mancare". Mi rincuora vedere, in questi giorni di disperazione, quanta solidarietà sia nata in tutto il mondo a favore di chi è stato colpito da un'immane violenza che non trova giustificazione alcuna. 

"Pinocchio" di Carlo Collodi, capitolo XIV: "Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consigli del Grillo-Parlante, s'imbatte negli assassini".

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XIV
Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consigli del Grillo-Parlante, s'imbatte negli assassini.

– Davvero, – disse fra sé il burattino rimettendosi in
viaggio, – come siamo disgraziati noialtri poveri ragazzi!
Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci danno consigli.
A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere
i nostri babbi e i nostri maestri; tutti: anche i Grilli-parlanti.
Ecco qui: perché io non ho voluto dar retta a quell’uggioso di Grillo, chi lo sa quante disgrazie, secondo lui, mi dovrebbero accadere! Dovrei incontrare anche gli assassini!
Meno male che agli assassini io non ci credo, né ci ho
creduto mai. Per me gli assassini sono stati inventati apposta dai babbi, per far paura ai ragazzi che vogliono andare fuori la notte. E poi se anche li trovassi qui sulla strada, mi darebbero forse soggezione? Neanche per sogno. Anderei loro sul viso, gridando: «Signori assassini, che cosa vogliono
da me? Si rammentino che con me non si scherza! Se
ne vadano dunque per i fatti loro, e zitti!». A questa parlantina fatta sul serio, quei poveri assassini, mi par di vederli, scapperebbero via come il vento. Caso poi fossero tanto ineducati da non voler scappare, allora scapperei io, e così la farei finita...
Ma Pinocchio non poté finire il suo ragionamento, 
perché in quel punto gli parve di sentire dietro di sé un leggerissimo fruscio di foglie.
Si voltò a guardare e vide nel buio due figuracce nere
tutte imbacuccate in due sacchi da carbone, le quali correvano dietro a lui a salti e in punta di piedi, come se fossero due fantasmi.
– Eccoli davvero! – disse dentro di sé: e non sapendo
dove nascondere i quattro zecchini, se li nascose in bocca e precisamente sotto la lingua.
Poi si provò a scappare. Ma non aveva ancor fatto il
primo passo, che sentì agguantarsi per le braccia e intese due voci orribili e cavernose, che gli dissero:
– O la borsa o la vita!
Pinocchio non potendo rispondere con le parole, a
motivo delle monete che aveva in bocca, fece mille salamelecchi e mille pantomime per dare ad intendere a quei due incappati, di cui si vedevano soltanto gli occhi attraverso i buchi dei sacchi, che lui era un povero burattino, e che non aveva in tasca nemmeno un centesimo falso.
– Via, via! Meno ciarle e fuori i denari! – gridavano minacciosamente i due briganti.
E il burattino fece col capo e colle mani un segno
come dire: «Non ne ho».
– Metti fuori i denari o sei morto, - disse l’assassino più alto di statura.
- Morto! - ripeté l’altro.
– E dopo ammazzato te, ammazzeremo anche tuo padre!
– Anche tuo padre!
– No, no, no, il mio povero babbo no! – gridò Pinocchio con accento disperato: ma nel gridare così, gli zecchini gli suonarono in bocca.
– Ah! furfante! Dunque i denari te li sei nascosti sotto
la lingua? Sputali subito! 
E Pinocchio, duro!
– Ah! tu fai il sordo? Aspetta un poco, che penseremo
noi a farteli sputare!
Difatti, uno di loro afferrò il burattino per la punta del
naso e quell’altro lo prese per la bazza, e lì cominciarono a tirare screanzatamente, uno per in qua e l’altro per in là, tanto da costringerlo a spalancare la bocca: ma non ci fu verso. La bocca del burattino pareva inchiodata e ribadita. Allora l’assassino più piccolo di statura, cavato fuori un
coltellaccio, provò a conficcarglielo, a guisa di leva e di
scalpello, fra le labbra: ma Pinocchio, lesto come un lampo, gli azzannò la mano coi denti, e dopo avergliela con un morso staccata di netto, la sputò; e figuratevi la sua maraviglia quando, invece di una mano, si accorse di aver sputato in terra uno zampetto di gatto.
Incoraggiato da questa prima vittoria, si liberò a forza
dalle unghie degli assassini e, saltata la siepe della strada, cominciò a fuggire per la campagna. E gli assassini a correre dietro a lui, come due cani dietro una lepre: e quello che aveva perduto uno zampetto correva con una gamba sola, né si è saputo mai come facesse.
Dopo una corsa di quindici chilometri, Pinocchio non
ne poteva più. Allora, vistosi perso, si arrampicò su per il fusto di un altissimo pino e si pose a sedere in vetta ai rami. Gli assassini tentarono di arrampicarsi anche loro, ma giunti a metà del fusto sdrucciolarono e, ricascando a terra, si spellarono le mani e i piedi.
Non per questo si dettero per vinti: che anzi, raccolto
un fastello di legna secche a piè del pino, vi appiccarono il fuoco. In men che non si dice, il pino cominciò a bruciare e a divampare, come una candela agitata dal vento. Pinocchio, vedendo che le fiamme salivano sempre più, e non volendo far la fine del piccione arrosto, spiccò un bel salto di vetta all’albero, e via a correre daccapo attraverso ai campi e ai vigneti. E gli assassini dietro, sempre dietro,
senza stancarsi mai.
Intanto cominciava a baluginare il giorno e si rincorrevano sempre; quand’ecco che Pinocchio si trovò sbarrato il passo da un fosso largo e profondissimo, tutto pieno di acquaccia sudicia, color del caffè e latte. Che fare? «Una, due, tre!» gridò il burattino, e slanciandosi con una gran rincorsa, saltò dall’altra parte. E gli assassini saltarono anche loro, ma non avendo preso bene la misura, patatunfete!... cascarono giù nel bel mezzo del fosso. Pinocchio che sentì il tonfo e gli schizzi dell’acqua, urlò ridendo e seguitando a correre:
– Buon bagno, signori assassini.
E già si figurava che fossero bell’e affogati, quando invece, voltandosi a guardare, si accòrse che gli correvano dietro tutti e due, sempre imbacuccati nei loro sacchi e grondanti acqua come due panieri sfondati.

Comprensione del testo
  1. Cosa pensa Pinocchio del Grillo Parlante?
  2. Cosa vede Pinocchio nel buio della notte?
  3. Come erano vestiti i due assassini?
  4. Dove nascose Pinocchio i quattro zecchini?
  5. Cosa volevano i due assassini?
  6. Cosa si ritrova Pinocchio dopo aver azzannato la mano di uno dei due aggressori?
  7. Cosa fa Pinocchio quando si libera dalla presa dei due aggressori?
  8. Dove si rifugia Pinocchio?
  9. Perché deve scappare via dal pino?
  10. Dove finirono i due assassini?
Interpretazione del testo
  1. Perché Pinocchio pensa che gli assassini non esistono?
  2. Da chi sono stati inventati, secondo Pinocchio, gli assassini? Perché?
  3. Chi sono i due assassini? Da quali particolari lo capisci?

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