Un racconto per amare di più la natura e meno il cellulare: "Il Bosco Incantato di Pixel" (creato da Copilot microsoft)

**Il Bosco Incantato di Pixel** C'era una volta un bosco incantato chiamato Pixel, dove gli alberi sussurravano storie antiche e i fiori danzavano al ritmo del vento. In questo bosco magico, viveva un piccolo folletto di nome Luce, che aveva il potere di far brillare le cose con un semplice tocco. Un giorno, Luce notò che i bambini del villaggio vicino passavano tutto il loro tempo a fissare dei piccoli rettangoli luminosi, chiamati cellulari, dimenticandosi di giocare all'aria aperta. Preoccupato, Luce decise di usare la sua magia per mostrare ai bambini la bellezza della natura. Con un pizzico di polvere di stelle, Luce fece sì che ogni cellulare mostrasse immagini del bosco incantato. Gli alberi sembravano così reali che i bambini sentirono il profumo del muschio e il canto degli uccellini. Incantati, misero da parte i cellulari e corsero verso il bosco. Arrivati nel bosco, i bambini scoprirono un mondo di meraviglie. Inseguirono farfalle arcobaleno, costruirono castelli di

"Pinocchio" di Carlo Collodi, capitolo IV: "La storia di pinocchio col Grillo-parlante dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro".

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IV
La storia di Pinocchio col Grillo-parlante, dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro.

Vi dirò dunque, ragazzi, che mentre il povero Geppetto era condotto senza sua colpa in prigione, quel monello di Pinocchio, rimasto libero dalle grinfie del carabiniere, se la dava a gambe giù attraverso ai campi, per far più presto a tornarsene a casa; e nella gran furia del correre saltava greppi altissimi, siepi di pruni e fossi pieni d’acqua, tale e quale come avrebbe potuto fare un capretto o un leprottino inseguito dai cacciatori.

Giunto dinanzi a casa, trovò l’uscio di strada socchiuso.
Lo spinse, entrò dentro, e appena ebbe messo tanto di paletto, si gettò a sedere per terra, lasciando andare un gran sospirone di contentezza.
Ma quella contentezza durò poco, perché sentì nella stanza qualcuno che fece:
– Crì - crì - crì!
– Chi è che mi chiama? – disse Pinocchio tutto impaurito.
– Sono io!
Pinocchio si voltò e vide un grosso Grillo che saliva
lentamente su su per il muro.
– Dimmi, Grillo: e tu chi sei?
– Io sono il Grillo-parlante, ed abito in questa stanza da più di cent’anni.
– Oggi però questa stanza è mia, – disse il burattino,–
e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarti indietro.
– Io non me ne anderò di qui, – rispose il Grillo, – se prima non ti avrò detto una gran verità.
– Dimmela e spìcciati.
– Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori e
che abbandonano capricciosamente la casa paterna! Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.
– Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io
so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola e per amore o per forza mi toccherà studiare; e io, a dirtela in confidenza, di studiare non ne ho punto voglia e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.
– Povero grullerello! Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro e che tutti si piglieranno gioco di te?
– Chétati. Grillaccio del mal’augurio! – gridò Pinocchio.
Ma il Grillo, che era paziente e filosofo, invece di aversi a male di questa impertinenza, continuò con lo stesso tono di voce:
– E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane?
– Vuoi che te lo dica? – replicò Pinocchio, che cominciava a perdere la pazienza. – Fra tutti i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo, che veramente mi vada a genio.
– E questo mestiere sarebbe?...
– Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare
dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.
– Per tua regola, – disse il Grillo-parlante con la sua solita calma, – tutti quelli che fanno codesto mestiere finiscono sempre allo spedale o in prigione.
– Bada, Grillaccio del mal’augurio!... se mi monta la
bizza, guai a te!
– Povero Pinocchio! Mi fai proprio compassione!...
– Perché ti faccio compassione?
– Perché sei un burattino e, quel che è peggio, perché
hai la testa di legno.
A queste ultime parole, Pinocchio saltò su tutt’infuriato
e preso sul banco un martello di legno lo scagliò contro il Grillo-parlante.
Forse non credeva nemmeno di colpirlo: ma disgraziatamente lo colse per l’appunto nel capo, tanto che il povero Grillo ebbe appena il fiato di fare crì - crì - crì, e poi rimase lì stecchito e appiccicato alla parete.

Comprensione del testo

  1. Cosa fa Pinocchio mentre Geppetto è in prigione?
  2. Chi trovò Pinocchio una volta entrato in casa?
  3. Cosa dice il Grillo-parlante a Pinocchio?
  4. Come reagisce Pinocchio ai consigli del Grillo-parlante?
  5. Cosa vuole fare Pinocchio invece che andare a scuola e studiare?
  6. Cosa gli consiglia il Grillo-parlante?
  7. Cosa fece Pinocchio?
Interpretazione del testo
  1. Secondo te, come sono i consigli del Grillo-parlante?
  2. Perché Pinocchio si arrabbia con il Grillo-parlante?
  3. Interpreta questo capitolo con i disegni e i fumetti in sequenza temporale.

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